La condizione di migrazione è una condizione stabile, storica e sociale.

I flussi migratori a cui stiamo assistendo rientrano, pertanto, in una condizione umana presente da sempre e definibile all’interno della categoria di “normalità”, intesa come “assenza di emergenza”. Comunità locali e comunità sociali sono andate strutturandosi grazie al continuo flusso di nuovi attori che hanno contribuito a mantenerle in vita. Autoctoni, migranti interni al paese e stranieri hanno ibridato culture, idee, tradizioni all’interno delle diverse comunità in momenti diversi della propria vita e in momenti diversi della storia dell’uomo. In un mondo che ha azzerato le distanze evidenziamo il paradosso che la normale condizione di migrazione sia considerata un’emergenza pericolosa.

Pensiamo che vi sia una responsabilità storica legata a fenomeni di natura socioeconomica come lo schiavismo, il colonialismo, l’imperialismo e la globalizzazione.

Esiste tutt’ora una corresponsabilità collettiva globale su processi che generano una disuguaglianza socio-culturale. Questi processi limitano il pieno sviluppo della persona e delle proprie aspirazioni individuali e collettive. Tale situazione determina negli individui e nelle popolazioni un bisogno o una necessità di mobilità verso un contesto che sembrerebbe favorire la realizzazione personale.

Riteniamo che il focus delle politiche sull’immigrazione non debba tanto essere la gestione emergenziale dei processi di migrazione quanto piuttosto il favorire la relazione tra gli attori in causa, migliorando il reale soddisfacimento del bisogno che genera la necessità di mobilità territoriale.

In quanto movimento culturale sentiamo la responsabilità di richiamare le società e le nazioni alle rispettive responsabilità e come movimento educativo sentiamo la responsabilità di favorire processi relazionali che sottendono una reale integrazione.

In riferimento al contesto attuale i Cemea ribadiscono la necessità delle proprie azioni educative come risposta all’insorgere di comportamenti di razzismo, di intolleranza e creazione di modelli negativi non inclusivi.

Consideriamo la migrazione come una opportunità di apertura, di conoscenza e di incontro. Vogliamo occuparcene nella sua dimensione educativa di cambiamento positivo delle persone, dei gruppi e delle società, che vengono coinvolte in questo fenomeno, producendo tutte quelle azioni di cura, di rispetto, di esigibilità dei diritti che favoriscono lo scambio delle esperienze e la comprensione dei diversi contesti culturali.

In quanto contesto educativo, le migrazioni ci concedono di mettere in essere le azioni volte alla salvaguardia e al godimento dei diritti universali e alla definizione del proprio progetto di vita nelle sue dimensioni affettive, lavorative e valoriali; queste azioni riguardano e coinvolgono unitamente sia chi si muove sia chi accoglie.

Le migrazioni sono il luogo in cui agiamo per l’accessibilità alla convivenza sociale fra diversi.