I 10 Principi CEMEA

1. Il Principio del rispetto

“La nostra pedagogia è fondata sulla fiducia… La nostra fiducia deve esistere verso tutti, senza alcuna eccezione… Tutti, deboli o forti, hanno bisogno che noi diamo loro la nostra fiducia. Ogni essere umano, senza distinzione di età, di origine, di convinzioni, di cultura, di situazioni, ha diritto al nostro rispetto”

(ha scritto Gisèle de Failly, fondatrice nel 1936 del movimento CEMEA in Francia).

Le attività che i CEMEA propongono (stage residenziali, seminari, vacanze, servizi educativi sul territorio…) si basano sul principio del rispetto delle particolarità e delle specificità delle persone e, insieme, sulla fiducia che ogni individuo abbia la possibilità ed il desiderio di migliorarsi.

Da qui la consapevolezza che ogni azione educativa richieda un contesto accogliente.

Questo significa attenzione agli altri, cura dei contesti di vita e di esperienza, capacità di leggere le richieste attraverso le reazioni o le non reazioni delle persone, volontà di essere incisivi senza forzare… Usare il metodo dell’accoglienza significa essere disponibili a recepire il mondo esterno e interno delle persone, a leggere in profondità l’esperienza nostra e quella degli altri, a predisporre ambienti, materiali e situazioni, ad ascoltare e rispondere in modo attivo e attento, ad organizzare un contesto per tutti educante.

Il metodo dell’accoglienza è il metodo più difficile perché riguarda tutti i momenti e tutti gli aspetti del processo educativo. Per i CEMEA una delle azioni privilegiate nelle quali si attua il metodo dell’accoglienza è lo stage, un periodo di formazione intensivo, spesso residenziale, nel quale una équipe di formatori ‘si prende cura’ di un gruppo di partecipanti ed instaura con loro una relazione di rispetto, di attenzione, di apprendimento significativo.

2. La Crescita delle persone

Il metodo di lavoro dei CEMEA si fonda sulla convinzione che la crescita delle persone negli stage si sviluppa in atmosfere e in condizioni di fiducia, dove vigono atteggiamenti non violenti, non competitivi, dove non si giudica, dove si chiede ad ognuno – pur nei ruoli diversi – di prendere coscienza di ciò che è senza sentimenti di colpa o di paura.

Gli stage e le altre iniziative si realizzano attraverso attività in assenza di giudizio, a partire dalla fiducia che viene data ad ogni persona, a partire dal rispetto per ogni opinione o emozione.

Questo sconcerta in un primo tempo le persone, poi le meraviglia e le affascina, liberando allo stesso tempo in esse la voglia di fare, di riflettere, di capire e di immaginare. L’équipe dei docenti, utilizzando un continuo lavoro di gruppo, svolge una funzione di organizzazione, di autorità non autoritaria, di mediazione, per offrire attività di vario tipo, per introdurre proposte selezionate.

Le risposte, individuali o di gruppo, non generano giudizi, ma divengono oggetto di valutazione attenta, di ascolto, di rispetto, di autovalutazione. Da esse nascono le nuove proposte: l’educazione dei CEMEA non si costruisce in astratto, ma nel concreto, con le situazioni e con le persone che vivono quella determinata esperienza.

3. Le attività ovvero l’esperienza di senso

Per i CEMEA l’apprendimento poggia sul fare; le attività sono un mezzo importante per comprendere e per relazionarsi con altri. L’esperienza in prima persona è la strada maestra per interiorizzare un avvenimento, un concetto, una competenza. Le attività – manuali, espressive, ludiche, non verbali – sono ancora oggi il terreno di impegno privilegiato negli stage e nelle altre proposte educative dei CEMEA. La particolarità della proposta CEMEA consiste nel collegare i processi di conoscenza al contesto, alla situazione vissuta e nell’affrontare, senza distinzione di qualità, gli aspetti teorici e quelli pratici, quelli verbali e quelli non verbali, l’agire ed il riflettere sull’azione.

Un’attività non non può limitarsi all’applicazione di una tecnica, ma deve essere portatrice di significato individuale e sociale, deve essere improntata più ad un atteggiamento di ricerca che al rispetto di regole prefissate. Una attività deve essere una vera esperienza per chi la compie.

“Io mi muovo dalla persuasione che fra tutte le incertezze vi sia un punto fermo: il nesso organico fra educazione ed esperienza personale… Ma esperienza ed educazione non si equivalgono… Tutto dipende dalla qualità dell’esperienza”

(J. Dewey, Esperienza ed educazione).

Il fare per il fare non ci interessa.

Non ci interessa che l’azione educativa si rivolga a strati settoriali della persona, separando la mano dalla mente o il corpo dalla psiche. Ci interessa che ciò che viene fatto coinvolga la persona nella sua globalità, nella sua interezza e complessità.

4. La motivazione ad apprendere

La motivazione nell’apprendere e la motivazione nell’agire sono le molle che consentono di compiere degli sforzi nel piacere del fare, sono le spinte verso un impegno non superficiale, verso una azione che è fatta per il proprio interesse, ma anche per essere con, per condividere con altri le scoperte, gli entusiasmi, le sconfitte, la voglia di continuare a cercare. L’educazione dei CEMEA chiede fino dall’inizio (anche attraverso un impegno in denaro) ai partecipanti o alle organizzazioni una sorta di contratto motivazionale, un impegno reciproco fatto di attenzione (ad un modo di vestire funzionale alle attività, o ai materiali da portare, per esempio) e di cura (per gli ambienti di vita e di lavoro, ad esempio).

Le équipe dei nostri corsi cercano la chiave motivazionale anche in situazioni difficili, anche con chi – in partenza – è stato ‘mandato’ a ‘formarsi’ e non ha portato con sé una esplicita motivazione educativa. In che modo le situazioni dello stage riescano a portare i partecipanti ‘a motivazione’ non è un segreto, ma fa parte del metodo educativo. Esso, come ci spinge a prendere in considerazione la persona nella sua interezza e nella sua complessità, ci porta a determinare situazioni che favoriscano una rilettura delle motivazioni coscienti, di quelle sommerse e di quelle negate dai ruoli o dalle consuetudini.

5. La formazione integrata della persona

La cultura e l’educazione stanno divenendo oggi sempre più specializzate e settorializzate. Nella vita quotidiana, le necessità ambientali, la frettolosità, l’ansia, ci fanno fuggire dalle emozioni e non ci danno il tempo di fermarsi e di riflettere. Negli stage e nelle attività dei CEMEA si cerca di costruire una situazione-tempo tranquilla, per privilegiare ciò che si apprende, ma nel pieno rispetto delle persone che sono in situazione di crescita, della loro integrità, della loro storia e del loro essere in situazione.

La particolarità delle esperienze CEMEA (anche se dedicate a tecniche specifiche) è quella di affrontare l’apprendimento tenendo presente i vari aspetti della persona, i vari mondi che si muovono in ogni essere umano (quello affettivo, quello logico, quello dell’immaginazione, quello degli ideali).

Una formazione integrata non è mai generica: essa tenta di collegare, di far dialogare le varie facce della conoscenza e dell’esistenza, di considerare la mano destra e la mano sinistra, di accettare l’implicito e l’esplicito, di dare spazio al fare ed al pensare. I metodi attivi sostengono l’idea di individualità integrata, sostengono che ogni aspetto della persona è importante, che debba essere accolto e sviluppato. Questo non significa negare la specializzazione tecnica o culturale. Significa invece arricchirla delle infinite sfumature che sono dentro ogni persona, rivalutando la qualità del vivere individuale e di gruppo. Le proposte dei CEMEA sono fatte per recuperare la globalità, per sviluppare un atteggiamento olistico, per poter toccare il professionale ed il personale, il lavoro e la persona che lavora.

6. Il rapporto tra dimensione cognitiva, affettiva ed esistenziale

L’educazione attiva afferma che la dimensione del pensiero e quella dell’affettività non sono separabili, che esse sono così intrecciate da farci pensare che la mente cresca con gli affetti e che l’affetto si allarghi quando più se ne abbia consapevolezza. La mente e gli affetti vengono fatti interagire nelle esperienze CEMEA: si pensa nel fare, si agisce pensando; ed il pensiero, ed il fare, sono intrisi di mente e di affetto, di amore agito contemporaneamente per ciò che si è e per l’oggetto che si costruisce. Mente e affetto uniti, per le emozioni che si scoprono, per le scoperte che ci emozionano.

Le proposte che noi attuiamo richiedono una presenza e una partecipazione che coinvolge tutta la persona e tutte le persone (équipe di conduzione compresa). I modelli a cui ci riferiamo sono aperti, perché, pur affondando la loro ragione nella tradizione (i CEMEA agiscono nel settore educativo da oltre sessant’anni), vivono nell’innovazione, nella continua revisione del gruppo e dei partecipanti; sono modelli complessi, anche difficili da esporre e comunicare; sono modelli ‘deboli’ perché si oppongono alla regola ‘forte’ del nostro tempo che è ancora troppo basata su percorsi rigorosamente ‘lineari’, su idee del tipo: “scienza uguale verità”, “il sapere soggettivo è in antitesi con il sapere oggettivo”, “la realtà è programmabile”, “la tecnologia è sempre utile”…

7. Un ambiente per la formazione

La concezione educativa dei CEMEA comporta un modo di ragionare ad alta complessità perché cerca di tenere insieme piani diversi, accoglie le emozioni, amplifica le sensazioni, cerca soluzioni personalizzate. È questa razionalità che si cerca di sviluppare negli stage, dove il momento particolare diventa mezzo per capire meglio i meccanismi e le regole del come si è, o di come si pensa di essere, di come si percepisce o di come ci vedono gli altri.

È in questa razionalità, sganciata – per quanto possibile – dalle pressioni sociali (dettate dalle condizioni familiari o da quelle di lavoro), che l’individuo può provare a compiere un itinerario personale. Un itinerario che può avere almeno il pregio di essere un aiuto a relativizzare il mondo del quotidiano e a guardare la realtà con occhi più fiduciosi e più critici. Nelle proposte degli stage, dei seminari – lunghi o brevi che siano – chi ‘conduce’ il corso non è mai solo. Una modalità consueta nei CEMEA è il lavorare in équipe, confrontando con altri costantemente la situazione, gli interventi, gli effetti delle stimolazioni sui partecipanti.

Si è convinti che non si educa attivamente se non si mettono in comune le ragioni ‘deboli’ di tutti alla ricerca di una ‘debolezza condivisa’ che rappresenti la massima risposta educativa a quella specifica situazione, a quella realtà, a quelle precise persone con le quali si sta lavorando. La certezza dell’incertezza scandisce le nostre attività educative: se si fosse certi dei risultati utilizzeremmo negli stage griglie rigide, programmate; se si fosse certi e rigidi non ci sarebbe bisogno di lavorare in gruppo per rileggere insieme ciò che è avvenuto dopo ogni proposta (se utilizzassimo sistemi forti, faremmo delle valutazioni con schede o con altro); se utilizzassimo sistemi univoci ci occuperemmo più dei risultati che dei processi, più dei prodotti che di ciò che avviene nelle persone che cambiano. Mantenere aperta l’attenzione agli eventi, alle persone, agli ambienti e alle proposte, lavorare insieme con atteggiamento accogliente e di ascolto, sono segnali della consapevolezza che i CEMEA utilizzano nelle loro pratiche e che confermano dell’attualità dei “principi dell’educazione attiva”, all’interno del dibattito pedagogico attuale.

8. La laicità

L’azione dei CEMEA è aconfessionale ed apartitica, ma non è né neutrale né apolitica.

L’educazione nuova non può che tendere ad un arricchimento dell’uomo, non può che contribuire alla crescita continua verso l’autonomia, la libertà del pensiero, il senso di responsabilità, il rifiuto di ogni dogmatismo. La proposta dei CEMEA è quella di far vivere in prima persona, a chi partecipa alle attività, atteggiamenti di rispetto e di comprensione verso se stessi e verso gli altri. È una proposta che ha l’ambizione di offrire ad ognuno condizioni e proposte per meglio definirsi, per cercare una più forte stima di sé e per guardare con maggiore tranquillità alle persone che ci circondano. È una proposta che dà e genera fiducia, che rassicura e consolida, che cerca di alleggerire la paura verso l’altro, verso il non uguale, il diverso. È una proposta-tramite che può permettere ad ognuno di sperimentare il percorso della propria formazione e della propria emancipazione. La laicità come è intesa dai CEMEA è anche uno stile di vita che viene proposto e sviluppato in situazioni comunitarie per aprirsi ad una migliore convivenza civile.

9. La relazione, la socievolezza e la convivenza

Nei vari campi di azione dei CEMEA, il piccolo gruppo, il gruppo allargato, l’agire nel sociale, sono tre aspetti di uno stesso problema. Noi vorremmo un sociale a misura di piccolo gruppo, ed un piccolo gruppo disponibile ai grandi temi sociali e politici. Non ci deve essere contraddizione fra ristretto ed esteso, fra piccolo e grande, fra particolare e generale. I CEMEA sono movimento locale e internazionale (esistono gruppi CEMEA in diverse parti del mondo), sono un movimento educativo specifico, ma non settoriale; i CEMEA sono un movimento a grande spettro (i vari Centri e Gruppi italiani si occupano delle vacanze, della scuola, della salute, della primissima infanzia, del tempo extrascolastico…).

I CEMEA non separano il personale dal sociale, l’associativo educativo dal politico, così come non suddividono il corpo dalla mente, gli affetti dalla razionalità, l’individuo dal gruppo. A partire dalla proposta degli stage – dove la relazione interpersonale viene privilegiata all’interno di una comunità relativamente piccola – fino alle iniziative più diradate nel tempo o meno intense, l’attenzione dei CEMEA è sempre rivolta a creare condizioni che permettano lo scambio, il dialogo, la comunicazione aperta. Le iniziative di formazione, l’organizzazione di situazioni di vacanza, la realizzazione di corsi professionali, i progetti internazionali, i convegni… fanno parte di questo stesso progetto educativo e cercano di coniugare il momento della formazione strettamente personale/individuale con quella sociale più allargata. Il modello di educazione che emerge da questa impostazione è quello di un processo di comunicazione democratica che parte da situazioni di convivenza per identificarsi con quelle di comunità.

10. L’educazione permanente e diffusa

“L’educazione è in ogni momento… ogni momento di vita deve essere considerato con la stessa attenzione”

(Gisèle de Failly).

I CEMEA sostengono da sempre che l’educazione attraversa ogni momento della vita (personale, relazionale e sociale) e che pertanto, la consapevolezza di essere agenti di educazione riguarda tutti ed emerge in ogni contesto. Riguarda l’essere genitori come l’essere insegnanti, riguarda chi fa il medico o l’assistente sociale come chi è infermiere o impiegato. Riguarda il ruolo come la persona.

Chiunque, adulto o bambino che sia, si trova ad avere contatti di potere, di dipendenza, di autorità, di diritto, nei confronti di altri, e si trova automaticamente anche in condizione di esplicare azioni educative o non. Far prendere coscienza della specificità e della polivalenza delle azioni, dei ruoli, delle relazioni e delle reti educative, in cui ognuno (per professione o no, come educatore o come educato) si trova a giocare, è uno degli scopi delle iniziative proposte dai CEMEA in Italia e all’estero. La formazione che viene proposta dai CEMEA non separa la competenza professionale da quella personale, lo sviluppo del singolo rispetto al contesto di gruppo o collettivo, la conoscenza delle tecniche con il loro uso attivo e trasformativo.

Anche per questa ragione i formatori che collaborano con i CEMEA, per la maggior parte volontari, provengono da campi lavorativi e formativi diversi; il loro lavorare come gruppo e come associazione consente uno scambio di competenze e di prospettive che vanno ad arricchire le offerte educative dei CEMEA.