di Clotilde Pontecorvo

Presidente dei CEMEA italiani, Professore Emerito di Psicologia dell’Educazione di Sapienza Università di Roma e coordinatrice di un gruppo di studio, attivo dal gennaio 2020, che ha organizzato quattro seminari online su Valutazione, Ascolto degli Allievi, Didattica in Rete e Storia Contemporanea.

Ringrazio la VII Commissione della Camera di avere richiesto il punto di vista del gruppo di studio che io coordino.

Avendo letto la prima versione del PNRR, trovo che quest’ultima sia migliore per quanto riguarda la missione Istruzione e Ricerca sviluppata al punto 4 del documento.  Il primo livello educativo è quello dei nidi d’infanzia che non esistono per sostenere l’occupazione femminile, anche se possono servire a tale scopo; ma, come ci ha mostrato la ricerca e la pratica educativa degli ultimi trent’anni, i nidi d’infanzia favoriscono la formazione delle basi essenziali dello sviluppo cognitivo e socio-emotivo, che si formano nei primi quattro anni di vita, in contesti accoglienti e sollecitanti riuscendo a valorizzare le differenze culturali e sociali derivanti dalle peculiarità delle famiglie di provenienza.  È essenziale che gli educatori e il personale di supporto siano formati in modo adeguato, qualunque sia la sede del nido. L’organizzazione collegiale del lavoro va sostenuta da una formazione continua. Pertanto, la rilevanza educativa di questa prima fase richiede un adeguato impiego di risorse da distribuire in modo graduale a partire dalle gravi carenze presenti nel Meridione. La base può essere di 3.6 mld, come prevede il PNRR inviatomi, ma occorrerebbero 4.8 mld in conto capitale, con un costo di gestione annuale di 4 mld. Suggerisco una modifica di tipo terminologico: visto il corretto riferimento al D.lgs. 65/2017, è il caso di non utilizzare più il termine “asilo nido”, anche se era utilizzato nella Legge 1.044/1971. Nel Decreto del 2017 si parla ormai di ‘nidi d’infanzia e di altri servizi educativi complementari (ludoteche, micro-nidi et cetera).

Quanto al potenziamento del tempo pieno, considerato che il tasso italiano di dispersione scolastica all’interno dell’obbligo (entro i sedici anni di età) resta superiore alla media europea e si è forse aggravata negli ultimi due anni per la mancata frequenza della secondaria di secondo grado e per le difficoltà di connessione delle famiglie disagiate per la didattica in rete, riteniamo necessario realizzare il prolungamento della giornata scolastica con modalità ordinamentale per tutta la scuola dell’obbligo, con l’obiettivo di contrastare radicalmente la povertà educativa e di ampliare l’offerta formativa rendendola più ampia e variegata, cioè, stimolando le capacità creative degli allievi e mettendo alla prova una gamma di orientamenti differenziati rivolti a una scelta lavorativa in ambiti nuovi e presenti nella società odierna, per il proseguimento negli studi fino ai livelli più alti, favorendo anche una socialità informale per lo sviluppo socio-emotivo dei ragazzi (è stato constatato quest’anno un aumento significativo della propensione al suicidio). La previsione del costo di 1 mld mi sembra inadeguata se il tempo pieno investe tutta la durata dell’obbligo.

D’accordo sulle aree disciplinari di cui potenziare la didattica. A questo fine, vanno poste tre condizioni preliminari:

1.        le classi non siano composte da più di venti allievi;

2.        l’orario di tutti gli insegnanti includa un tempo, almeno mensile, di programmazione collegiale;

3.        la metodologia didattica sia centrata sull’allievo e utilizzi varie forme di lavoro di gruppo, anche di tipo laboratoriale.

Un’ultima osservazione riguarda la formazione continua dei docenti. Per la fase iniziale occorre, almeno, un biennio universitario di formazione integrata tra didattiche disciplinari e dimensioni psico-pedagogiche in un ambiente di scambio fra impianto teorico e pratica educativa, secondo il modello sperimentato negli anni novanta nelle SSIS (Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario) a cui contribuivano anche insegnanti secondari esperti con funzioni di monitoraggio del tirocinio; il corso si concludeva con una prova scritta e orale con valenza concorsuale per l’accesso al reclutamento, cosicché l’esame finale era valutato da una Commissione composta da docenti di scuola e di università, nominata ufficialmente dal Ministero dell’Istruzione. La formazione in servizio dovrà essere offerta regolarmente a tutti i docenti di qualsiasi ordine e grado dagli organismi istituzionali preposti e dagli enti accreditati.

Pur apprezzando l’aumento delle risorse per la missione Istruzione e Ricerca, considerando che l’attuale spesa pubblica per l’istruzione è la più bassa tra i paesi membri dell’Unione Europea, ne consegue che sono necessarie ancora più risorse, sia per le modifiche strutturali sopra indicate sia per una nuova organizzazione del lavoro dei docenti. Per sostenere scientificamente le riforme, è importante che i dottorati di ricerca prevedano uno sviluppo nell’area psicoeducativa e in quella relativa alle didattiche disciplinari.

Per quanto riguarda l’edilizia scolastica (Missione 2), oltre a quello che già si prevede, è molto urgente mettere in sicurezza l’intero patrimonio scolastico e riconvertire gli spazi su modelli educativo-didattici innovativi (un ottimo esempio è dato dalla Walter-Gropius-Schule di Berlino) per offrire, a partire dalle zone più disagiate,  una sede attraente e funzionale anche per l’estensione agli adulti e per le attività formative del territorio circostante; ne consegue che l’impegno di spesa previsto attualmente si dovrebbe, almeno, triplicare.


A seguire segnaliamo parte dell’intervento dell’On. Marco Bella che fa parte della VII Commissione Istruzione e Cultura della Camera dei Deputati.

L’adeguamento degli edifici dovrebbe seguire due direttrici: Sia la messa in sicurezza, considerazione di quanto indicato dalla nostra commissione, ma anche il ripensamento degli spazi sul modello educativo didattici innovativi, Pensando a integrare il più possibile gli ambienti di avvenimenti collegati. L’associazione CEMEA indica come esempio di edifici pensati su una didattica innovativa la Walter Gropius Schule di Berlino. Secondo diversi auditi, gli investimenti dovrebbero essere davvero significativamente aumentati, anche in considerazione di quanto questi siano onerosi.

Riguardo agli investimenti per gli asili nido, che forse potremmo meglio definire come “nidi di infanzia e altri servizi educativi complementari”, in accordo con il decreto legislativo 65/2017, questi sono vitali per sostenere l’occupazione femminile, ma non solo. I nidi di infanzia costituiscono la base dello sviluppo socio emotivo e cognitivo nei primi quattro anni di vita. Permettono di valorizzare diversità delle famiglie d’origine dalle quali i bambini e bambini provengono. Un maggiore investimento, immagino portando da 3.6 miliardi a qualcosa di più vicino ai 5 miliardi, potrebbe avere un ritorno notevole per il nostro Paese.

Per quanto riguarda quello che è definito in questa versione del PNRR “tempo pieno”, estenderlo il più possibile, ipotizzando che possa essere dilatato per tutta la durata della scuola dell’obbligo, permetterebbe di nuovo di avere una ricaduta molto positiva sull’occupazione femminile ma soprattutto sarebbe uno strumento importante per recuperare i gap formativi.

In conclusione, presidente, stiamo chiedendo proprio ai giovani, coloro che sono meno colpiti dal punto di vista sanitario dalla pandemia, i sacrifici più grandi, ovvero di rinunciare a parte del loro futuro. Per questo credo che tutti insieme dobbiamo ripagarli sviluppando un Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza pensato soprattutto per loro.

*L’immagine di copertina ritrae la Walter Gropius Schule di Berlino